Un Paese per Donne e Uomini

Lunedì 30 Novembre 2015 di Ileana Piazzoni 2059
  1. Quali sono le misure adottate in questa legislatura per combattere la violenza sulle donne?
  2. Come sono stati affrontati i temi del lavoro e della maternità da questo Governo?
  3. Come sono cambiate le istituzioni nel corso della XVII legislatura?
  4. Quali diritti sono stati conquistati nell'ultimo anno?

 

Quali sono le misure adottate in questa legislatura per combattere la violenza sulle donne?
L'Italia è stata tra i primi Paesi europei a fare propria – nel corso di questa legislatura – la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, siglata a Istanbul l’11 maggio 2011.
Inoltre, sono state approvate diverse norme che hanno puntato, da una parte alla protezione e alla prevenzione, con il potenziamento di strumenti già esistenti, e dall'altra alla sanzione e repressione di comportamenti sbagliati, rinnovando le vigenti norme penali, nel rispetto e in linea con la Convenzione.
Al fine di tutelare maggiormente le vittime di stalking, si è ritenuto opportuno inserire nel nostro ordinamento penale due aggravanti specifiche: la prima nel caso in cui il reato sia commesso nei confronti di persona della quale il colpevole sia – o sia stato – il coniuge o, comunque, legato da relazione affettiva alla persona offesa; la seconda nel caso in cui il reato sia commesso attraverso strumenti informatici o telematici. Inoltre, i delitti di maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi, di stalking e di mutilazioni genitali femminili sono stati inseriti tra quelli per i quali la vittima è ammessa al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito, come già avviene per il delitto di violenza sessuale.
Nello stesso insieme di disposizioni a contrasto della violenza di genere, è stato previsto un finanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2013 per la realizzazione di azioni a sostegno delle donne vittime di violenza. Finanziamento rinnovato per ogni anno, fino al 2016 con la Legge di Stabilità 2014.
Inoltre, il Ministero delle Pari Opportunità è stato designato per l'eleborazione di un piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere che si è concretizzato con la costituzione di una Task force inter istituzionale contro la violenza sulle donne, cui hanno preso parte attiva anche  i vari Dicasteri e le realtà territoriali impegnate nella lotta al fenomeno.
L'ultima misura adottata, ma esclusivamente a livello temporale, è contenuta della legge su La Buona Scuola, con la promozione – stabilita nel POF – dell'educazione alla parità di genere, alla prevenzione della violenza e di tutte le discriminazioni.

Come sono stati affrontati i temi del lavoro e della maternità da questo Governo?
Una novità importante messa in atto da questo Governo riguarda la possibilità, per la madre lavoratrice, di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo per l'acquisto di servizi di babysitting, nella somma massima di 600 euro mensili per sei mesi. Il sussidio può essere richiesto anche dalle lavoratrici che abbiano usufruito in parte del congedo parentale ed è condizionato all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
A favore delle politiche della famiglia, è stato anche ideato il cosiddetto bonus bebè, un assegno annuo di 960 € (il doppio per quei nuclei familiari in condizioni particolarmente disagiate) per ogni figlio nato o adottato, da attribuire alle famiglie con un reddito annuo che non superi i 90.000 euro.
Anche il Jobs Act, approvato appena un anno fa, approfondisce la questione del lavoro e della maternità, perfezionando e aggiornando quelle misure volte a sostenere le cure parentali e a tutelare la maternità delle lavoratrici e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Si prevede di:

  • estendere l'indennità di maternità a tutte le donne lavoratrici;
  • estendere alle lavoratrici madri "parasubordinate" il diritto alla prestazione di maternità anche in assenza del versamento dei contributi;
  • introdurre un credito d'imposta per le lavoratrici con figli minori o disabili non autosufficienti sotto un determinata soglia di reddito individuale complessivo;
  • riconoscere la possibilità di cessione delle ferie fra lavoratori dipendenti a favore del genitore di figlio minore malato;
  • integrare l’offerta di servizi per le cure parentali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona;
  • incentivare accordi collettivi intesi a facilitare la flessibilità dell’orario di lavoro e la flessibilità dell’impiego di premi di produttività;
  • introdurre congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere;
  • estendere le misure di conciliazione previste ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;
  • semplificare e razionalizzare gli organismi, le competenze e i fondi operanti in materia di parità e pari opportunità nel lavoro.

Inoltre, la legge reca, in questo senso, una delega al Governo per la definizione di norme di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese.
Spesso le misure di sostegno alla maternità e alla genitorialità non sono conosciute al punto che i fondi disponibili, sia nazionali, sia locali, non sono utilizzati del tutto. Per ovviare a questo problema, all'interno della riforma della Pubblica Amministrazione, è stato previsto che, al momento della denuncia all’Anagrafe della nascita di un figlio, i genitori siano informati dei propri diritti, servizi e misure di sostegno erogati da Stato, Regioni ed Enti locali, attraverso una specifica banca dati.
Nel corso di quest'anno, sono state approvate anche delle norme finalizzate a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori, la cui estensione agli anni successivi è subordinata all'entrata in vigore di decreti legislativi che forniscano adeguata copertura finanziaria.
In particolare, si prevede:

  • l'aggiunta dei giorni di congedo obbligatorio non goduti prima del parto al periodo di congedo obbligatorio spettante dopo il parto anche qualora il periodo di congedo obbligatorio di maternità superi il limite di cinque mesi;
  • il diritto della madre, in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, di chiedere la sospensione del congedo obbligatorio di maternità e di usufruirne, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino;
  • il trattamento economico inerente al congedo obbligatorio di maternità corrisposto anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa, consistente in colpa grave da parte della lavoratrice;
  • il diritto, in caso di adozione internazionale, a un congedo non retribuito e privo di indennità per il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura di adozione internazionale, nel caso in cui la lavoratrice non abbia richiesto il congedo di maternità corrispondente al congedo obbligatorio;
  • l'aumento dai primi tre anni di vita del bambino ai primi sei anni, del limite entro cui si ha diritto, per il periodo di congedo parentale, a un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione;
  • l'allargamento dai primi otto anni di vita del bambino ai primi dodici anni, dell'àmbito temporale entro il quale può essere esercitato, da parte di uno dei genitori, il diritto al prolungamento del congedo parentale, contemplato per il caso in cui il minore presenti una situazione di handicap grave;
  • l'ampliamento dai primi otto anni di ingresso del minore in famiglia ai primi dodici anni dell'àmbito temporale entro il quale può essere esercitato, da parte dei genitori adottivi o affidatari, il diritto al congedo parentale;
  • l'esenzione dall'obbligo di prestare lavoro notturno (dalle ore 24 alle ore 6) per la lavoratrice adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia e, in ogni caso, non oltre il dodicesimo anno di età, o, in alternativa e alle stesse condizioni, il lavoratore adottivo o affidatario, convivente con la stessa;
  • il riconoscimento della facoltà di dimissioni senza preavviso alla lavoratrice madre, nonché al lavoratore padre, che fruisca o abbia fruito del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino (o, in caso di adozione o affidamento, fino al compimento di un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare);
  • l'ampliamento da tre a cinque mesi della durata dell'indennità di maternità, relativa alle iscritte alla cosiddetta Gestione separata INPS (e non iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza di base);
  • l'introduzione dell'indennità di paternità in favore del lavoratore autonomo in sostituzione di quella (o della parte residua) che sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma nei casi di morte o grave infermità della madre; abbandono da parte della madre; affidamento esclusivo del bambino al padre;
  • l'aumento da tre a cinque mesi della durata dell'indennità di maternità, relativa alle lavoratrici autonome in oggetto, per il caso di adozione e la soppressione per la medesima fattispecie, nonché per l'indennità di maternità per il caso di affidamento, della condizione che il minore abbia un'età non superiore a sei anni;
  • l'introduzione dell'indennità di paternità in favore del libero professionista in sostituzione di quella (o della parte residua) che sarebbe spettata alla madre libera professionista (iscritta a uno dei suddetti enti) nei casi di morte o grave infermità della madre; abbandono da parte della madre; affidamento esclusivo del bambino al padre;
  • la previsione che i datori di lavoro privati beneficino dell’esclusione dei lavoratori ammessi, per motivi legati a esigenze di cure parentali e in forza di accordi collettivi, al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da disposizioni di legge o di contratto collettivo per l'applicazione di particolari normative e istituti;
  • l'introduzione per le lavoratrici dipendenti e per le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa del diritto, rispettivamente, a un congedo retribuito e alla sospensione del rapporto contrattuale, per motivi connessi al loro percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere; in entrambi i casi, è posto un limite massimo di durata pari a tre mesi;
  • la previsione in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, della destinazione alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata di una quota pari al 10% del "Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello”.

Per quanto riguarda strettamente il lavoro, sono state varate norme volte a garantire l’autenticità delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro per contrastare con determinazione ed efficacia l’odiosa e illegale pratica delle “dimissioni in bianco”. Sono state, dunque, introdotte modalità semplificate per effettuare le dimissioni: la volontà del lavoratore potrà essere espressa, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale competente per il tramite dei patronati, delle organizzazioni sindacali, degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione. Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni con le medesime modalità. In caso di violazione degli obblighi da parte della parte datoriale, se il fatto non costituisce reato, sono previste sanzioni da 5.000 a 30.000 euro.
Con la Legge di Stabilità 2015 sono state eliminate le penalizzazioni previste dalla “riforma Fornero” sui pensionamenti con meno di 62 anni per chi, entro il 2017, maturerà almeno 42 anni e un mese di contribuzione (41 anni e un mese per le donne). Inoltre, i soggetti che matureranno il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017 non subiranno la riduzione percentuale del trattamento pensionistico prevista dalla “riforma Fornero”.

Come sono cambiate le istituzioni nel corso della XVII legislatura?
Una delle più importanti riforme approvate nel corso di quest'anno è senza dubbio quella della legge elettorale. L'Italicum prevede che le liste elettorali siano formate da un candidato capolista e da un elenco di candidati: l'elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso diverso (la cosiddetta “doppia preferenza di genere”), tra quelli che non sono capilista: sono infatti proclamati eletti dapprima i capilista nei collegi (i cosiddetti capilista “bloccati”) e, successivamente, i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.
Con la finalità di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, i candidati devono essere presentati – in ciascuna lista – in ordine alternato per sesso. Al contempo, i capilista dello stesso sesso non possono essere più del 60 per cento del totale in ogni circoscrizione. Nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista, inoltre, nessun sesso può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
Di grande importanza è anche la legge elettorale europea per la quale sono state ugualmente introdotte delle norme finalizzate a rafforzare la rappresentanza di genere, similmente a quanto prevede la normativa per le elezioni dei consigli comunali. Si tratta della cosiddetta tripla preferenza di genere secondo cui, nel caso in cui l'elettore decida di esprimere tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della terza preferenza. Ove l’elettore dovesse decidere di esprimere solo due preferenze può attribuirle a candidati dello stesso sesso.
In considerazione dello svolgimento delle scorse elezioni europee, la legge reca una disciplina transitoria destinata ad applicarsi subito e una più incisiva disciplina a regime che troverà applicazione dalle successive elezioni. Quindi, la norma sulla tripla preferenza di genere è stata introdotta limitatamente alle elezioni per il Parlamento europeo del 2014. Le norme riguardanti l’equilibrio di genere nella composizione delle liste e, quelle più incisive sulle triple preferenze di genere, entreranno in vigore a partire dalle elezioni del 2019.
Abolito, infine, il finanziamento pubblico diretto ai partiti. In particolare, il decreto prevede una riduzione delle risorse spettanti ai partiti sulla base della disciplina del cosiddetto “due per mille” quando nel numero complessivo dei candidati uno dei due sessi sia rappresentato in misura inferiore al 40 per cento. Quindi, qualora nel numero complessivo dei candidati di un partito politico alle elezioni del Parlamento europeo, uno dei due sessi sia rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, le risorse spettanti al partito a titolo di “due per mille” sono ridotte in misura percentuale pari allo 0,50 per ogni punto percentuale di differenza tra 40 e la percentuale dei candidati del sesso meno rappresentato, nel limite massimo complessivo del 10 per cento. Ad esempio, se un partito presenta nel complesso delle liste una percentuale di candidate donne del 30%, le risorse del “due per mille” sono ridotte del 5%. Le risorse decurtate confluiscono in un fondo annualmente ripartito tra i partiti che accedono al riparto del “due per mille” per i quali la percentuale di eletti del sesso meno rappresentato in ciascuna elezione sia pari o superiore al 40 per cento.

Quali diritti sono stati conquistati nell'ultimo anno?
Rompere con una concezione patriarcale della famiglia: questo lo scopo della norma che regola l'attribuzione del cognome ai figli, facendo venire meno l’obbligo del cognome paterno e prevedendo la possibilità – con distinte soluzioni – di attribuire ai figli anche il cognome materno.
Una disposizione adottata per ottemperare alla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e per mettere il nostro ordinamento in linea con la maggior parte dei sistemi giuridici europei.
A quarantun anni dall’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio, la Camera ha approvato in via definitiva il provvedimento sul cosiddetto divorzio breve con lo scopo di ridurre i tempi necessari per lo scioglimento del matrimonio. Si tratta di un’innovazione legislativa, frutto di una mediazione non sempre semplice tra le forze politiche e che recepisce le osservazioni di magistrati, esperti e associazioni, attesa da almeno due legislature e finalizzata a rendere più snelle le procedure legali e a ridurre i contenziosi. La legge che va a modificare infatti è una norma varata ormai quarantacinque anni fa, nel 1970, pensata in un Paese molto diverso da quello attuale, perché fondato su altri equilibri sociali, altre relazioni, altre libertà, altre famiglie. Il bisogno di aggiornare questa norma era quanto mai urgente, basti pensare al numero sempre maggiore dei nostri concittadini che hanno deciso di sciogliere la propria unione coniugale in altri Paesi dell’Unione europea, al fine di ridurre i tempi e generalmente anche i costi per l’ottenimento del divorzio, senza la necessità di passare per la separazione.
Infine, questo Governo ha istituito il Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive per la procreazione eterologa: le strutture sanitarie che effettueranno i prelievi avranno l’obbligo di comunicare al Registro i dati anagrafici dei singoli donatori ai quali verrà assegnato un codice presso il centro nazionale trapianti dell’Istituto Superiore di Sanità. Questo per garantire la corretta tracciabilità del percorso delle cellule dal donatore al nato e viceversa.