Castelli Romani, immigrati: per Piazzoni (PD) non c’è emergenza

Sabato 7 Ottobre 2017 di L'Osservatore d'Italia 3270

E’ vero che nei Comuni dei Castelli Romani potrebbe a breve verificarsi “un’emergenza migranti”?

Non c’è nessuna emergenza. C’è la necessità di gestire ordinatamente un fenomeno strutturale, con scadenze e procedure che si ripetono annualmente. Il nostro sistema di accoglienza per rifugiati o richiedenti asilo si fonda sul corretto funzionamento dell’accoglienza diffusa su tutto il territorio, la rete SPRAR, che coinvolge il Ministero dell’interno, l’ANCI, gli enti locali e la rete del terzo settore presente a livello territoriale. Solo quando ciò non avviene la Prefettura emette un bando per coprire l’insufficienza di posti disponibili, sondando la disponibilità di privati ad aprire strutture, in quei Comuni che si sottraggono all’accoglienza.

 

Parliamo di numeri allarmanti?

Assolutamente no, le quote sono individuate a livello regionale in maniera proporzionata rispetto alla popolazione e al territorio. La situazione cambia però a seconda che vi sia adesione o meno alla rete SPRAR. Aderendo a quest’ultima il rapporto tra rifugiati o richiedenti asilo da accogliere e popolazione residente è di 6 persone per i comuni sino a 2.000 abitanti; di 2 persone ogni 1.000 abitanti per i comuni capoluogo sede di Area Metropolitana (date le fisiologiche maggiori concentrazioni); negli altri comuni sopra i 2.000 abitanti la logica di ripartizione segue un rapporto variabile ma sempre non oltre le 3,5 persone ogni mille abitanti: numeri molto gestibili, se ogni ente locale facesse la sua parte. Diversa è la questione dei centri di accoglienza straordinari (CAS): dovendo la prefettura coprire il fabbisogno mancante, i criteri utilizzati sono relativi ad esso: nei comuni sopra i 10.000 abitanti può essere vagliata la disponibilità fino a 400 posti, in quelli tra 3.000 e 10.000 abitanti possono essere richiesti fino a 200 posti, nei comuni sino a 3.000 abitanti fino a 100 posti. Numeri molto più ampi, quindi, rispetto a quelli previsti per la rete SPRAR. Segnalo tuttavia che le cifre non sono la questione centrale.

 

Se non è rilevante l’aspetto numerico, qual è il centro del problema?

Aderire alla rete SPRAR significa soprattutto garantire un’accoglienza diffusa in piccoli nuclei, favorendo l’integrazione nel tessuto sociale e garantendo servizi essenziali. Significa inoltre che gli enti locali si rendono partecipi e responsabili del processo di accoglienza e integrazione, principalmente attraverso il sistema della co-progettazione, coinvolgendo tutta la rete sociale presente sul territorio. Aderire alla rete SPRAR è un dovere di solidarietà umana, nei confronti di persone in fuga da guerra e miseria, ed è anche un dovere di solidarietà territoriale. Ma oltre a questo, non aderendo ci si mette inevitabilmente nelle condizioni di subire il ricorso all’accoglienza straordinaria, che non va demonizzata perché ci sono moltissimi esempi di progettazione e integrazione molto positivi, però può anche declinarsi in grandi strutture poco inserite nel contesto territoriale, con tutte le problematiche conseguenti.

 

Quanti sono i comuni che aderiscono allo SPRAR in Provincia di Roma?

Potremmo dire che si contano sulle dita delle mani. Arriviamo quasi a 10 considerando i progetti SPRAR sul nostro territorio ma di pertinenza del Comune di Roma. Sono invece appena una quindicina i comuni in cui sono presenti strutture di accoglienza straordinaria. Su di un territorio di oltre 120 comuni (per carità alcuni molto piccoli, quindi esenti), capiamo bene che in molti non stanno facendo la loro parte, mettendo in difficoltà gli altri.

 

Quando è possibile aderire alla rete SPRAR?

Ci sono due scadenze fisse annuali, fine marzo e fine settembre. Ma non basta manifestare la propria adesione attraverso una semplice delibera. Ciò non è sufficiente e non esime dalla possibilità che possa aprirsi nel territorio comunale, nel frattempo, un centro di accoglienza straordinaria. E’ necessario presentare un progetto valido e consono alla normativa vigente. Vi sono diversi comuni che hanno manifestato volontà di aderire attraverso atti ufficiali ma poi non si sono concretamente adoperati nella progettazione. Tergiversare non è di certo un modo serio di procedere. Esistono tantissimi esempi virtuosi su tutto il territorio nazionale da cui trarre spunto, soggetti con cui confrontarsi. La politica deve prendersi le proprie responsabilità e guidare i processi complessi che attraversano la nostra società, non subirli e non averne paura. Costruire solidarietà, tessere la tela della coesione sociale è il compito più difficile ma anche il più bello di un amministratore locale.

 

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