Io penso che la pratica delle pluricandidature femminili nelle liste delle ultime elezioni politiche sia stata una cosa pessima. Ritengo peraltro di esserne stata personalmente danneggiata. Penso tuttavia che sia profondamente sbagliato attribuirne la responsabilità alle donne che hanno subìto (non scelto) di essere pluricandidate (diventa davvero singolare quando l'accusa viene da chi una pluricandidatura l'ha accettata).
Penso anche che aver chiamato "mamme" un importante dipartimento che doveva occuparsi della grande tematica della scelta di essere genitori in una paese a forte denatalità, peraltro affidandolo alla persona più competente che conosca in materia, sia stato un grande errore di comunicazione. Ma appunto era (profondamente) sbagliato il nome, che lasciava intendere altro, non era sbagliato il contenuto. E non ho capito perché ci si lamenti dalla sua separazione dalla questione delle pari opportunità, la quale va molto al di là della questione femminile (riguarda tutte le discriminazioni, non solo quelle di genere).
A parte queste differenziazioni (non di poco conto), non ho condiviso il documento sottoscritto da tante donne del Pd perché non mi piace che certe cose avvengano sempre "a babbo morto" (o mamma, in questo caso :).
In tutti questi anni di legislatura, c'è stata un'organizzazione delle donne all'interno della Camera, guidata per lo più da Laura Boldrini, che ha prodotto molte cose importanti. Non c'è stata però nel Partito Democratico un'organizzazione che si occupasse di coinvolgere davvero tutte le donne del partito, a vari livelli, in una riflessione collettiva. O almeno, a me non è mai capitato di essere invitata né di sentirne parlare. Non si è sviluppata una solidarietà femminile, né a livello locale né a livello nazionale, se non per vie personali (e sono state importantissime, ma è un'altra storia). Le donne sono state attraversate dalle stesse divisioni di "corrente" generali, cosa normalissima, ma che richiederebbe uno sforzo di andare oltre sulle tematiche comuni, se si pensa che ci siano. E' avvenuto a livello nazionale, ma non è stato nulla rispetto a quanto avvenuto a livello locale (nel mio territorio non c'è una sola donna che sia considerata davvero come meritevole di essere coinvolta nei processi decisionali, eppure ho incontrato decine di donne straordinariamente più in gamba di tantissimi degli uomini che "comandano" nella mia federazione).
Insomma a fronte di un problema gigantesco, le donne non hanno (non abbiamo) fatto nulla per cambiare questo stato di cose. Le liste sono state l'epilogo logico di una condizione permanente. Ecco, credo che innanzitutto occorra partire da un'autocritica collettiva, non perché la responsabilità degli uomini non ci sia, ma perché non basta accusare loro di quello che fanno da decenni, ossia eludere quella norma della quota donne che loro, in larghissima maggioranza, ritengono profondamente sbagliata (e le loro storture, le quote le creano effettivamente, quindi non si può sorvolare sul fatto che non siano mai diventate patrimonio condiviso, al di là dell'imposizione). Insomma, penso che sia giusto protestare, ma che sarebbe molto più urgente capire dove abbiamo sbagliato e proporre soluzioni che non siano solo legate al rispetto delle quote. Mi colpisce che l'attenzione per la tematica scatti sempre e solo quando la discriminazione tocca alcune, e non altre. Non penso (a differenza di quanto uscito sui giornali, cosa di cui sono molto dispiaciuta) che la protesta sia mossa solo dalla ripicca per non essere stata elette (la trovo un'accusa puerile e inutilmente offensiva), credo nella sincerità dell'indignazione. Ma mi chiedo perché quell'indignazione non sia scattata mai quando la discriminazione delle donne avveniva tutti i giorni, a cominciare dalle immonde campagne denigratorie verso le donne del Pd con ruoli più in vista, per proseguire con migliaia di piccole situazioni che ho vissuto o visto personalmente, senza che nulla si muovesse.
Infine, non ho capito quali sarebbero i punti programmatici mutuati dalla destra, né che senso abbia mischiare la questione femminile con critiche alla segreteria del partito che denotano una determinata visione di parte. Cioè ho capito cosa significa: si cerca di piegare la questione femminile a una visione di parte, e questo la svuota di ogni potenzialità. E' una cosa che conosco benissimo: io ho militato in un piccolo partito per molti anni, in cui c'erano delle esponenti donne impegnate storicamente nel femminismo, attentissime alle questioni di genere, finché riguardavano loro stesse. Quando riguardava qualcuna di noi, non riconosciuta evidentemente degna di rappresentare la causa delle donne, non si alzava mai una voce. Credo che loro abbiano danneggiato la causa delle donne molto più di chiunque altro. Ho un po' la sensazione che questa modalità si ripeta in tutti i partiti.
Mi piacerebbe che se ne potesse parlare liberamente e sinceramente, per capire quali prassi, quali comportamenti NUOVI possano essere messi in campo per cambiare la situazione. Ma immagino che se mai ci sarà un'organizzazione, riguarderà strettamente chi la pensa in modo vs. chi la pensa in un altro. Riproducendo esattamente quello che fanno di solito gli uomini. Ecco, dopo tanti anni tutto questo non mi appassiona più.