Arriviamo alla conclusione di un iter molto lungo, considerando come il testo fosse stato licenziato in prima lettura dalla Camera ben due anni fa. La legge oggi approvata mantiene la scelta di configurare il reato di tortura come un reato comune, che si configura nei confronti di chiunque con reiterate violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa. Si configura il reato di tortura qualora il fatto sia commesso mediante più condotte oppure se comporta un trattamento (e quindi anche solo una condotta) inumano e degradante per la dignità della persona. Per quel che riguarda il reato proprio del pubblico ufficiale viene introdotta un aggravante ad effetto speciale quando il reato di tortura è commesso da quest’ultimo o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla loro funzione. Viene confermato il divieto di espellere o respingere i migranti quando sussista la fondata ipotesi che nei Paesi di loro provenienza siano sottoposti a tortura, così come il divieto di concedere immunità diplomatica agli stranieri indagati o condannati nei loro Paesi di origine per tortura, nonché il raddoppio del termine di prescrizione, rispetto a quello ordinario. La legge oggi approvata non è quella che avremmo, pienamente, voluto, ma pone fine a un’assenza ormai ingiustificabile: quella della parola tortura all'interno del nostro ordinamento.