Il rinvio alla Consulta della valutazione sulla legittimità costituzionale del reato di istigazione al suicidio può essere l'occasione per chiarire definitivamente la strada di civiltà aperta dalle coraggiose battaglie di persone straordinarie, a partire da Piergiorgio e Mina Welby e da Beppino Englaro, e consolidata dal Parlamento con l'approvazione della legge sul testamento biologico. Ora la Corte Costituzionale valuterà se può ritenersi ancora conforme alla nostra Carta fondamentale un reato frutto dell'epoca fascista come quello di istigazione o aiuto al suicidio, specie nella parte in cui non esclude la rilevanza penale della condotta di chi, semplicemente, aiuta una persona irreversibilmente malata a portare a compimento la scelta, presa in piena coscienza, di mettere fine a sofferenze e condizioni incompatibili con la dignità umana. Un passaggio chiave dell'ordinanza di rinvio del Tribunale di Milano si sofferma proprio su come Marco Cappato non abbia influenzato in nessun modo la volontà di Fabo e su come, in forza di tale volontà, vada riconosciuta all'individuo la libertà di decidere in merito alla propria morte, in forza di principi costituzionali. Ancora una volta la Corte Costituzionale è chiamata ad una valutazione di grande importanza, su temi estremamente sensibili. Una valutazione che dovrà tener conto, in ogni caso, di quanto finalmente affermato dal legislatore con la legge sul biotestamento e del progresso della civiltà giuridica del nostro Paese oggi acquisito.