1. Il decreto ha permesso di salvare: i risparmi (12 miliardi di euro in tutto) di un milione di depositanti delle quattro banche in dissesto; oltre 2,5 miliardi di euro di obbligazioni ordinarie; 6 mila posti di lavoro (cui ne vanno aggiunti altri mille dell’indotto); gli affidamenti bancari di 200 mila imprese. Per tale opera di salvataggio non sono stati utilizzati soldi pubblici. Le risorse impiegate, pari a 3,6 miliardi di euro, provengono interamente dal sistema bancario.
2. Le norme europee su come affrontare i dissesti bancari sono state definite nel 2012-13, assai prima della nascita del governo Renzi.
3. In base alle suddette norme europee non era possibile salvare né gli azionisti né i circa 10 mila obbligazionisti subordinati delle quattro banche, che ai fini di legge sono in tutto e per tutto titolari di capitale di rischio. Le alternative conformi alle suddette norme europee erano due: a) la strada intrapresa (che ha permesso di salvare subito il 99% dei clienti delle quattro banche e di affrontare con un provvedimento a parte, ovvero l’istituzione di un Fondo di Solidarietà, la situazione gravemente problematica del restante 1% dei clienti) oppure b) la liquidazione coatta amministrativa. Sarebbe stato, quest’ultimo, un rimedio enormemente più costoso, socialmente ed economicamente: avrebbe distrutto posti di lavoro, conti correnti, attività imprenditoriali.
4. Il FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi), alimentato dai contributi delle banche italiane aventi la forma di società per azioni, sarà usato per creare il Fondo di Solidarietà per gli obbligazionisti subordinati truffati o più deboli. Non poteva essere usato per salvare le banche perché, essendo i contributi che lo alimentano contributi obbligatori per legge, l’impiego delle sue risorse avrebbe significato erogare al settore bancario aiuti di Stato, cioè un aiuto illegittimo.
5. Il Fondo di Solidarietà da 100 milioni di euro, introdotto con un emendamento alla legge di stabilità, ha una dotazione sufficiente ad affrontare i casi problematici che, anche tramite il collegio arbitrale che lo gestirà, saranno appurati. I dati ufficiali diffusi dalle banche e dal Mef ci dicono che i 2500 risparmiatori più gravemente colpiti avevano obbligazioni subordinate per poco più di 100 milioni di euro. Gli altri, che comunque avranno diritto all’aiuto se emergerà che sono stati truffati, o hanno perso meno di un terzo del loro patrimonio finanziario, oppure hanno subito una perdita media di 65 mila euro a fronte di risparmi per oltre 250 mila euro detenuti presso la banca.
6. Chi è stato truffato riavrà i suoi soldi. Chi ha truffato pagherà. Sulla base dell’emendamento prima citato, il ricorso al Fondo è compatibile con l’azione civile in sede giudiziaria, una strada che giustamente chi è stato truffato può percorrere per ottenere un risarcimento.
7. Se la gestione della bad bank alla quale sono stati affidati i crediti deteriorati delle quattro vecchie banche realizzerà un surplus, queste somme potranno essere utilizzate per incrementare la dotazione del Fondo di Solidarietà.
8. Non ci sono conflitti di interesse riguardanti il governo. Banca Etruria, ad esempio, è stata commissariata nel febbraio 2015 con decreto fatto dal governo su proposta di Bankitalia. E il commissariamento significa immediata destituzione di tutti i membri del consiglio d’amministrazione dell’istituto oggetto del provvedimento. Successivamente Bankitalia ha condannato i membri dello stesso cda (tutti) al pagamento di una pesante sanzione. L’azione del governo è stata limpida e lineare.
9. La crisi di queste banche nasce da cattive pratiche che avevano preso il sopravvento. Le altre forze politiche per anni hanno chiacchierato di riforma delle banche popolari; questo governo e la maggioranza che lo sostiene in parlamento lo hanno fatto, favorendo aggregazioni e il non ripetersi di situazioni analoghe. Peccato che chi oggi gridi allo scandalo, votò contro quella riforma. Il prossimo passo sarà la riforma delle Banche di credito cooperativo.
10. Se ci sono state negligenze o storture nell'attività degli organi di vigilanza, è sacrosanto che vengano a galla. Non avendo nulla di che temere, abbiamo chiesto e voluto l’istituzione di una commissione d’inchiesta su cosa è avvenuto in Italia negli ultimi dieci anni nel settore creditizio. Chi sbaglia paga. Questa regola vale per tutti. Ma per individuare chi ha sbagliato servono verifiche serie e documentate, non la solita caccia alle streghe o lo sciacallaggio di qualche partito politico che mira solo a ottenere titoli nei giornali e non a risolvere i problemi.