- Il Piano Casa
- Il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione
- Il Fondo per la morosità incolpevole
- La proroga della norma a tutela degli inquilini che hanno denunciato l’affitto in nero
- La proroga del blocco degli sfratti
- Fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa
Con il decreto legge 47/2014, c.d. “piano casa”, è stato approvato un pacchetto di misure a sostegno del diritto alla casa per 1,7 miliardi complessivi. Tra le misure principali: il rifinanziamento del Fondo a sostegno degli affitti e del Fondo per la morosità incolpevole; un piano di alienazione di immobili pubblici con destinazione esclusiva dei proventi alla realizzazione di un programma straordinario di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente; un piano di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica; detrazioni fiscali IRPEF per gli inquilini di alloggi sociali; la riduzione dell’aliquota della cedolare secca dal 15 al 10% per i contratti a canone concordato, un piano per l’aumento dell'offerta di alloggi sociali in locazione, senza consumo di nuovo suolo; salvaguardia delle norme a tutela degli inquilini che hanno denunciato i c. d. “affitti in nero”. Non si può non citare nel piano casa la presenza di una norma di dubbia costituzionalità, la c. d. norma “anti occupazioni”, di cui ho sempre sostenuto la pericolosità sociale e su cui ho chiesto al Governo un impegno a valutare con attenzione gli effetti.
Il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione
Il Fondo in questione, introdotto nel 1998 con la legge n. 431, era stato drasticamente ridotto (poco più di 9 milioni complessivi) dall'ultimo Governo Berlusconi e azzerato dal Governo Monti, lasciando completamente scoperte le annualità 2012 e 2013. Con il decreto legge 102/2013 sono stati stanziati 60 milioni di euro complessivi per il biennio 2014/2015, poi portati a 200 dal piano casa. Lo stanziamento di 100 milioni previsto per l’anno 2015 è in fase di ripartizione tra le regioni. Nella Conferenza Unificata del 22 gennaio è stata infatti sancita l’intesa tra il Ministero delle infrastrutture, le regioni e gli enti locali per il riparto dei fondi. Il 25% degli stessi (pari a 25 milioni) saranno destinati in via prioritaria ai nuclei familiari più deboli soggetti a sfratto per finita locazione: conduttori con reddito annuo inferiore a 27.000 euro con figli fiscalmente a carico o che siano, o abbiano, nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento. Per accedere al contributo, oltre al possesso di appositi requisiti sarà necessario partecipare al bando indetto dal Comune di residenza.
Il Fondo per la morosità incolpevole
Per fronteggiare l’allarmante situazione degli sfratti per morosità incolpevole (ovvero l’impossibilità da parte di famigli e singoli individui di pagare i canoni di affitto a causa di sopravvenuta situazione di difficoltà economica) in costante aumento negli ultimi anni, il decreto legge 102/2013, c.d. “decreto IMU” ha istituito un Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli con una dotazione di 40 milioni complessivi per il biennio 2014/2015. Il piano casa ha incrementato e stabilizzato i fondi a disposizione stanziando 15,73 milioni di euro per l'anno 2014, 12,73 milioni di euro per l'anno 2015, 59,73 milioni di euro per l'anno 2016, 36,03 milioni di euro per l'anno 2017, 46,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e 9,5 milioni di euro per l'anno 2020. Con il decreto del Ministero delle infrastrutture 14 maggio 2014 è stata avviata la ripartizione della prima annualità alle regioni (che a loro volta hanno trasferito le risorse ai comuni ad alta tensione abitativa) e, soprattutto, è stata introdotta una definizione completa di morosità incolpevole, dettando inoltre un importante principio circa i provvedimenti di sfratto. A norma di legge deve intendersi per morosità incolpevole la situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare, che può essere dovuta alle seguenti cause: perdita del lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro; cassa integrazione ordinaria o straordinaria; mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali. I nuclei familiari che vengano a trovarsi nella situazione descritta possono usufruire di apposito contributo fino all’importo massimo annuo di euro 8.000 in presenza dei seguenti requisiti: reddito ISEE non superiore ad euro 35.000 o reddito derivante da regolare attività lavorativa con un valore ISEE non superiore ad euro 26.000; ricevuta intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida; possesso di un contratto di locazione di unità immobiliare ad uso abitativo regolarmente registrato; un anno di residenza nell’alloggio; cittadinanza italiana, UE o straniero con regolare titolo di soggiorno. In relazione a tutte le persone che possiedono i requisiti indicati i comuni devono comunicare alle Prefetture lo stato di morosità, al fine dell'adozione (da parte di queste ultime) di misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto. Nella Conferenza Unificata del 22 gennaio 2015 è stato approvato lo schema di decreto per la ripartizione dell’annualità 2015 del Fondo, pari a 32,73 milioni di euro. I fondi verranno trasferiti dalle regioni ai comuni interessati: sarà necessario dunque prestare attenzione agli appositi bandi emanati dalle amministrazioni comunali, facendo riferimento in particolare agli assessorati alle politiche sociali, per l’accertamento della condizione di moroso incolpevole, la possibilità di usufruire della graduazione dello sfratto e l’accesso al contributo.
La proroga della norma a tutela degli inquilini che hanno denunciato l’affitto in nero
Per facilitare l’emersione dei contratti di locazione in nero il legislatore aveva individuato, con il decreto legislativo 23/2011 un meccanismo che prevedeva un regime di particolare favore per l’inquilino che avesse chiesto all'Agenzia delle Entrate la registrazione del contratto (solo verbale o con importo dichiarato inferiore rispetto a quello effettivamente pagato) di locazione. Gli inquilini potevano denunciare di pagare un affitto non registrato, al fine di acquisire un duplice vantaggio: un canone assai ridotto (pari al triplo della rendita catastale); l’automatica conversione in un contratto della durata di 4+4 anni, con il divieto, quindi, per il locatore, di sfrattare l’inquilino nonostante questi pagasse un canone enormemente inferiore rispetto al contratto non registrato. Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2014 venivano vanificati gli effetti della legge citata, viziata per eccesso di delega. L’incostituzionalità della norma (annullamento con effetto retroattivo) che aveva spinto gli affittuari alla denuncia, ha creato una situazione di incertezza e, soprattutto, prospettato per questi ultimi l’ipotesi di sfratto per mancato pagamento dei canoni di locazione (qui un approfondimento sulla vicenda). Sulla questione ero intervenuta alla Camera chiedendo al Governo la stabilizzazione degli effetti della norma per l’emersione dell’evasione abitativa. Con una disposizione del piano casa (art. 5, comma 1 ter) è stata disposta la proroga degli effetti della norma fino al 31 dicembre 2015, facendo salvi, per gli inquilini, i diritti acquisiti di pagare un canone ridotto e la validità del rapporto di locazione, in relazione ai contratti stipulati prima della pronuncia della Consulta.
La proroga del blocco degli sfratti
Il decreto legge 192/2014 c.d. “milleproroghe” per l’anno 2015 ha previsto, grazie all'approvazione alla Camera di un emendamento del Partito Democratico, l’estensione fino al mese di giugno 2015 della proroga al blocco degli sfratti per i nuclei familiari particolarmente disagiati (nuclei familiari soggetti a sfratto per finita locazione con reddito annuo inferiore a 27.000 euro e con figli fiscalmente a carico o che siano, o abbiano, nel proprio nucleo familiare persone ultra-sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento). Per consentire ai soggetti in questione il passaggio ad una nuova abitazione, come detto sopra, è stata riservata una quota del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione pari a 25 milioni di euro. Come spiegato in maniera esaustiva, avrei preferito una proroga più lunga, che consentisse ai soggetti in questione un arco temporale maggiore per completare il passaggio di casa in casa, ma la soluzione di questa annosa problematica non può essere scaricata sempre sui privati cittadini. Se rimane ineludibile la necessità di provvedere in maniera più incisiva per fronteggiare l’emergenza abitativa, ciò deve avvenire in modo innovativo e in discontinuità con le deficitarie politiche degli ultimi decenni, mettendo in campo strumenti nuovi, a partire dall'ambito locale.
Fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa
La legge di stabilità per il 2014 (art. 48, comma 1, lett.c)) ha istituito un Fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa. Con decreto interministeriale del 31 luglio 2014 il Fondo è stato attivato con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 ed interviene con una garanzia statale del 50% della quota capitale su mutui ipotecari accesi per l'acquisto, la ristrutturazione e l'accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari ubicate in Italia da adibire ad abitazione principale, con priorità per le giovani coppie, i nuclei familiari mono-genitoriali con figli minori e i giovani di età inferire a 35 anni con lavoro atipico. Possono fruire del fondo i mutui ipotecari di ammontare non superiore a 250mila euro erogati a favore di soggetti mutuatari per acquisto tout court, oppure acquisto e interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica. Per intervento di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica si intende qualsiasi intervento, o insieme di interventi, che accresca la prestazione energetica dell'immobile ai sensi della normativa vigente in materia di certificazione energetica degli edifici. L'immobile acquistato deve ovviamente essere a destinazione abitativa ma non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 (ville, castelli, etc.) e non deve essere di lusso. Il mutuatario non dev'essere proprietario, alla data di presentazione della domanda di mutuo, di altri immobili ad suo abitativo, salvo quelli eventualmente acquisiti per successione causa morte, anche in comunione con altro successore. Possono fruire degli incentivi i mutui sottoscritti con banche e intermediari finanziari che hanno aderito all'iniziativa, elencate nel sito della Consap e dell'Abi. L'adesione all'iniziativa deve anche essere pubblicizzata dalle banche sui propri siti internet e presso le filiali. L'interessato deve presentare domanda di concessione del mutuo utilizzando un apposito modulo fornito dalle banche aderenti e presente sui loro siti e sul sito dell'Abi. Al richiedente viene chiesto il rilascio di una dichiarazione (certificazione sostitutiva di atto notorio) relativa al possesso dei requisiti e delle eventuali priorità. Al mutuatario non possono essere chieste garanzie aggiuntive non assicurativa oltre all'ipoteca sull'immobile. La garanzia (che, come detto, può arrivare fino al 50% della quota capitale del mutuo) interviene in caso di mancato pagamento, anche parziale, delle rate di mutuo, quando esso persista dopo l'invio di un sollecito formale da parte della banca al cliente. In pratica, in caso di mancato pagamento (anche parziale) di una rata del mutuo, la banca avvisa il gestore ed invia (entro 12 mesi) al proprio cliente un sollecito formale (diffida) tramite raccomandata a/r o pec. Nel caso di mancata esecuzione del pagamento entro sei mesi la banca può chiedere al gestore l'intervento del fondo, inviando una serie di informazioni. Il rimborso si concretizza entro 30 giorni. Contemporaneamente la banca può avviare le azioni di recupero del credito e se nel frattempo il cliente paga il dovuto è tenuta a riversare quanto incassato al gestore, entro 45 giorni. Una volta scattato l'intervento del fondo il cliente/mutuatario rimane debitore nei confronti del Ministero dell'economia rispetto alle somme pagate dal Fondo alla banca maggiorate di interessi legali calcolati a decorrere dal giorno di pagamento. Sarà il gestore (Consap), che per legge rappresenta il Ministero, ad avviare o proseguire le azioni di recupero credito nei confronti del cliente/mutuatario, anche tramite iscrizione a ruolo (cartella esattoriale).