- Perché una riforma del processo civile?
- Cosa significa “divorzio breve”?
- Quali altre semplificazioni sono previste per separazione e divorzio?
Perché una riforma del processo civile?
Il disegno di legge n. 2681, “recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”, modificato dal Senato il 18 marzo 2015 e approvato alla Camera senza ulteriori modifiche il 22 aprile seguente, risponde all’esigenza di migliorare l’efficienza complessiva del processo civile. Il decreto-legge riguarda diversi ambiti, sui quali si era reso necessario intervenire anche a seguito di numerose esigenze di riforma maturate in diversi anni ma mai, fino ad ora, prese in considerazione. Tra gli ambiti della riforma ci sono il trasferimento in sede arbitrale di procedimenti civili pendenti e la convenzione di negoziazione assistita, mediante la quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati. Sono disciplinate inoltre alcune ipotesi speciali di negoziazione assistita, tra cui quelle relative a separazione e divorzio; misure per la funzionalità del processo civile di cognizione; la tutela del credito e l’accelerazione del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali.
L’articolo più importante del decreto riguarda senza dubbio la modifica della legge sul divorzio (L. 898 del 1970), il cosiddetto “divorzio breve”, con lo scopo di anticipare il momento della possibile proposizione della domanda di divorzio, nonché il momento dell'effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi. Un adeguamento importante di una normativa che aveva fatto il suo tempo, ma anche e soprattutto un diritto fondamentale per tanti cittadini di pari passo con un sostanziale alleggerimento della burocrazia e dei tempi della giustizia. Vediamo nello specifico di cosa di tratta.
Cosa significa “divorzio breve”?
Ogni anno si separano circa 90mila coppie e altre 50mila divorziano: di fronte a una crisi della famiglia tradizionale così forte nei numeri e, di conseguenza, forte anche nel “peso” scaricato nelle aule di giustizia risulta evidente l'importanza dei provvedimenti tra cui, in prima battuta, il tentativo di portare fuori dai tribunali le pratiche di separazione e divorzio. La proposta di legge riduce in primo luogo il periodo di tempo necessario che deve intercorrere tra separazione e divorzio.
La legge sul divorzio (n. 898/1970) precedentemente prevedeva che lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi nel caso in cui sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale. Sempre secondo la vecchia disciplina, ai fini della proposizione della domanda di divorzio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni, a decorrere dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale. Con l’attuale decreto si modifica la disciplina sia per le separazioni giudiziali sia per quelle consensuali.
Nelle separazioni giudiziali:
- riduce da tre anni a dodici mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio;
- fa decorrere tale termine - come attualmente già previsto - dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.
Nelle separazioni consensuali:
- riduce a sei mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio;
- riferisce il termine più breve anche alle separazioni che, inizialmente contenziose, si trasformano in consensuali;
- fa decorrere tale termine anche in tal caso dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.
Il decreto legge inoltre anticipa il momento dello scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi. Attualmente, lo scioglimento della comunione si realizza solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione. La nuove norma anticipa lo scioglimento della comunione legale:
- nella separazione giudiziale, al momento in cui il presidente del tribunale, in sede di udienza di comparizione, autorizza i coniugi a vivere separati;
- nella separazione consensuale, alla data di sottoscrizione del relativo verbale di separazione, purché omologato.
È poi previsto che - in caso di comunione dei beni - l'ordinanza che autorizza i coniugi a vivere separati debba essere comunicata all'ufficio di stato civile per l'annotazione dello scioglimento della comunione sull'atto di matrimonio.
Il decreto, infine, disciplina la fase transitoria: la nuova disciplina sulla riduzione dei tempi di proposizione della domanda di divorzio e quella che anticipa lo scioglimento della comunione legale si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge.
Con l’approvazione del divorzio breve il nostro Paese ha fatto un altro passo avanti verso una condizione più matura di civiltà giuridica e sociale. Tempi più brevi e procedure semplificate significano meno conflittualità tra i coniugi e meno complicazioni per chi già vive un momento delicato.
Quali altre semplificazioni sono previste per separazione e divorzio?
Riguardo al procedimento in materia di divorzio e di separazione, sono adottate altre misure acceleratorie, in particolare la negoziazione assistita e gli accordi di separazione e divorzio davanti al sindaco.
In particolare, il decreto-legge n. 132 del 2014, convertito dalla legge n. 162 del 2014, prevede due modalità che semplificano i procedimenti di separazione e scioglimento degli effetti del matrimonio, ovvero le condizioni di separazione o di divorzio, entrambi adottabili solo in presenza di accordo tra i coniugi. Il primo (art. 6) prevede il ricorso ad una particolare forma di negoziazione assistita da avvocati, consentito anche in presenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti. In tal caso il pubblico ministero presso il tribunale competente, cui l'accordo deve essere trasmesso entro 10 giorni, autorizza l'accordo raggiunto solo in quanto rispondente all'interesse dei figli. Analogo passaggio giudiziale è innestato nel procedimento di negoziazione in assenza di figli minori. Anche qui si è prevista la necessità di trasmissione dell'accordo al Pubblico Ministero presso il tribunale competente per un controllo di regolarità; spetta allo stesso PM il rilascio del nullaosta all’accordo. La convenzione, obbligatoriamente assistita da un avvocato per parte, produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono gli analoghi procedimenti.
Oltre che davanti ad avvocati, viene, inoltre, garantita la possibilità di concludere dinanzi al sindaco analogo accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili (art. 12). La procedura non è possibile in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave. Con esclusione dell'accordo riguardante la modifica delle condizioni di separazione e divorzio, un ulteriore adempimento procedurale è disposto per la conferma dell'accordo: il sindaco, infatti, dovrà invitare in tali casi i coniugi a comparire davanti a sé non prima dei successivi 30 giorni per la conferma dell'accordo.