Alcuni giorni fa l’ISTAT, in sede di audizione al DEF, ha comunicato i dati complessivi sulla situazione economica del Paese aggiornando quello sulla condizione di “grave deprivazione materiale” delle famiglie. Un dato che, seppure sostanzialmente stabile rispetto al 2015 (11,9% delle famiglie), rappresenta sicuramente un segnale di allarme, dando luogo a una necessità di analisi approfondita per la programmazione dei futuri interventi, specie per il peggioramento della situazione per quel che riguarda la fascia di popolazione over 65 (dall’8,4% all’11,1%).
Quanto comunicato, tuttavia, ha dato luogo a un balletto stucchevole sul tema della povertà, dando il via a una girandola di dichiarazioni più o meno tendenziose: da chi si è ricordato del tema solamente dopo aver lasciato il Partito Democratico (e, guarda caso, al termine del lavoro culminato nell'approvazione del ddl povertà e nell'avvio del Reddito di inclusione), alla solita gara alla strumentalizzazione tra Movimento 5 Stelle e destra. Una situazione favorita anche dalla comprensione distorta dei dati da parte dell’informazione, con lanci di agenzia e titoli di giornale sulla povertà in aumento nel nostro Paese.
Per fare ordine, penso sia opportuno rispondere a una serie di domande: cosa rappresenta l’indicatore di “grave deprivazione materiale” delle famiglie? Come si relaziona ai concetti di povertà assoluta e povertà relativa? Basta aumentare le risorse per il contrasto alla povertà per veder scendere drasticamente il dato? L’introduzione del reddito di cittadinanza abbatterebbe questi numeri?
Le risposte sono ovviamente collegate e permettono di fare un ragionamento complessivo. L’indice di “grave deprivazione materiale” è uno dei diversi indicatori utilizzati dall’ISTAT (possiamo ricordare l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile, indice di rischio di povertà, indice di povertà assoluta, indice di povertà relativa, indice di grande difficoltà economica) per misurare la condizione economica delle famiglie italiane che, nello specifico, indica la percentuale di persone che vivono in famiglie con almeno 4 delle 9 seguenti problematiche:
- non poter sostenere spese impreviste di 800 euro;
- non potersi permettere una settimana di ferie all'anno lontano da casa;
- avere arretrati per il mutuo, l'affitto, le bollette o per altri debiti;
- non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni;
- non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione;
- non potersi permettere una lavatrice;
- non potersi permettere un televisore a colori;
- non potersi permettere un telefono;
- non potersi permettere un'automobile.
Un indicatore che si differenzia sostanzialmente da quello di povertà assoluta, ovvero la situazione di quelle persone appartenenti a famiglie con una spesa complessiva per consumi inferiore a un valore soglia di povertà assoluta (persone che non sono in grado di disporre di un insieme dei beni e servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso) e a quello di povertà relativa (anch'esso parametrato su un valore soglia che, per una famiglia di due componenti, è a pari livello della spesa media mensile per persona nel Paese, leggermente superiore ai 1.000 euro).
Tutto ciò per chiedersi se il dato sulla grave deprivazione materiale, riferendosi a una platea diversa, e ben maggiore, può essere sottovalutato. Certo che no, ma dalla comprensione dei dati che descrivono i fenomeni sociali deriva la possibilità di mettere in campo risposte adeguate ed efficaci. Perché per combattere la povertà assoluta, programmare interventi contro la povertà relativa o il rischio di povertà e diminuire la condizione di grave deprivazione materiale delle famiglie, seppure sia possibile individuare un filo conduttore, si necessita di politiche pubbliche diverse.
Partiamo dalle dichiarazioni a margine dell’audizione ISTAT. Si è subito chiarita la necessità di aumentare le risorse del Reddito di inclusione. È quanto il Governo ha già in programma di fare, essendo stabilita, nella legge delega recentemente approvata, la necessità di graduale aumento delle risorse, ma, essendo il Rei intervento di contrasto alla povertà assoluta, non è certa incisione diretta sui numeri fotografati dall'indicatore in questione rispetto, ad esempio, a un intervento di maggiore sostegno alla genitorialità o ad altra politica fiscale per le famiglie. Facciamo un secondo esempio. Prendiamo per buona l'introduzione del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle. La proposta è quella di un reddito condizionato a un valore soglia pari al rischio di povertà, ovvero le persone con un reddito equivalente inferiore o pari al 60% del reddito equivalente mediano sul totale delle persone residenti. Un valore soglia molto alto che, in forza dei moltiplicatori previsti, si presta inoltre a facile scivolamento nella c.d. “trappola della povertà”. Ma al di là di ciò, anche in questo caso avremo una risposta a un target diverso da quello raffigurato dall'indicatore di grave deprivazione materiale, con esito anche in questo caso incerto rispetto a un intervento di sostegno alle famiglie di altra natura.
In conclusione, prima di scandire titoli volti più al sensazionalismo che alla comprensione dei fenomeni sociali rappresentati dai dati, o di rilasciare dichiarazioni per assonanza o sentito dire, sarebbe opportuno fare uno sforzo di comprensione di quanto ci viene messo di fronte. Detto ciò, quanto comunicato dall’ISTAT non lascia sicuramente indifferenti e verrà letto attentamente anche alla luce dei prossimi dati sulla povertà assoluta e dell’impatto di alcune misure già in campo (ad es. la c. d. quattordicesima per i pensionati), avendo ben chiara la strada per contrastare efficacemente la povertà assoluta e quelle invece da percorrere per migliorare complessivamente le condizioni economiche delle famiglie italiane.