Oggi i giornali titolano che il governo finlandese ha deciso di non proseguire la sperimentazione del reddito di cittadinanza. Questo ha provocato l'esultanza di molti, come se si trattasse di una bocciatura implicita della proposta del M5S. In realtà le cose sono un po' più complesse.
Il governo finlandese, di fronte a alcuni problemi che il suo sistema di reddito minimo - adottato nel 1971 - provocava (e provoca inevitabilmente in qualsiasi paese, ragion per cui da decenni negli altri stati europei si discute, si modificano leggi, si sperimenta senza sosta, senza che per questo nessuno metta mai in discussione la necessità di una misura di reddito minimo) ha deciso di fare una sperimentazione pratica per testare quanto una folta schiera di studiosi va sostenendo da un po' di tempo, e cioè che le condizionalità e i controlli che accompagnano le misure di reddito minimo sarebbero pressoché inutili, anzi dannose (e comunque costose, perché richiedono un apparato statale che le gestisca), e che quindi meglio sarebbe optare per un reddito di base (o reddito di cittadinanza) che lasci la massima libertà ai destinatari. Così, la Finlandia ha creato un gruppo di duemila volontari che hanno ricevuto il sussidio senza essere sottoposti ad alcun vincolo. Tutti gli altri, hanno continuato a ricevere il sussidio "classico", con tutte le condizionalità del caso.
Non sappiamo ancora gli esiti, ma possiamo dedurre dal fatto che il governo finlandese abbia deciso di non proseguire la sperimentazione che non siano stati positivi, nel senso che ci si è resi conto che quelle condizionalità servono, eccome.
Tutto ciò nel mondo avrà una ricaduta importante nel dibattito su reddito minimo vs. reddito di base, che è comunque un dibattito importante e interessante. Sono tristemente certa che in Italia, invece, darà luogo alla solita confusione e alla polemica politica da cortile.
Questo a causa di un'incredibile (per me) ignoranza dei commentatori e di buona parte del mondo politico. Ignoranza e confusione che sono state alimentate dal M5S che ha diffuso nel paese una proposta chiamata di reddito di cittadinanza, che invece è una proposta di reddito minimo, quindi con condizionalità e relativo necessario apparato statale. Va anche detto che nella premessa della proposta di legge (e in mille altre sedi) il M5S asserisce che l'obiettivo sia un vero e proprio reddito di base, e che l'attuale proposta sia un passaggio intermedio. Quindi è giusto che la questione della bocciatura della sperimentazione finlandese li investa. Sapendo tuttavia che l'insostenibilità dell'attuale proposta del M5S non sta nell'assenza di condizionalità, ma in una soglia di accesso (e quindi del relativo trasferimento) troppo alta, in una esclusione dalla gestione dei servizi degli enti locali (che finora in Italia hanno gestito in solitudine il contrasto alla povertà), e in tanti altri aspetti su cui non mi soffermo ora per brevità.
Personalmente, sono profondamente convinta della necessità di accompagnare i sussidi con seri percorsi di inclusione, e tale è l'impianto del REI. Perché occorre anche considerare che negli altri paesi la povertà assoluta non è così diffusa, e quindi l'uscita dalla condizione di povertà si risolve spesso con efficienti politiche attive. Mentre in Italia, soprattutto nel meridione (ma non solo) occorre un investimento forte nell'accompagnamento alla fuoriuscita da situazioni di emarginazione sociale e di povertà culturale, essenziali innanzitutto per interrompere la trasmissione generazionale della povertà.
DIscorsi complessi, come vedete, su cui ci si può costruire una visione completa di un partito politico. E questo spero che saremo impegnati a fare, come Partito Democratico, nei prossimi mesi.