Il giorno 8 novembre ricorrerà una data significativa per il sistema di welfare italiano, ovvero i 15 anni dall'approvazione della legge 328, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Il varo di quella legge ha costituito sicuramente uno spartiacque di grande importanza nella storia del welfare nel nostro Paese. Notevole risultava infatti il bisogno di un quadro di riferimento generale che attenuasse la storica residualità del sociale, in grado di consolidare gli elementi di innovazione già sperimentati e di sostenere lo sforzo di recupero delle realtà meno avanzate.
Un atto legislativo che, innanzitutto, ha colmato un vuoto normativo durato per oltre un secolo (legge Crispi sull'assistenza del 1990) rappresentando uno dei punti alti del dibattito politico nazionale sulle politiche sociali. Un dibattito politico che ha portato ad affermare la responsabilità piena delle istituzioni pubbliche rispetto ai diritti di cittadinanza, alla garanzia dell’universalismo, alla responsabilità pubblica nella costruzione della rete integrata di servizi e nell’accesso da parte dei cittadini, alla valorizzazione e partecipazione del terzo settore, e che ha incentivato un analogo e a volte ancor più ricco dibattito a livello regionale e locale.
Se non si può disconoscere il fondamentale ruolo della legge 328 nell'aver rilanciato le politiche sociali, definendo temi a esse strettamente connessi – dall'assetto istituzionale alla programmazione integrata a emergenze come la povertà, la non auto sufficienza e le responsabilità familiari – non si possono non considerare, proprio alla luce di 15 anni di applicazione, le lacune, le carenze e gli effetti sperati ma non verificatisi. Dalla mancata attuazione di misure centrali, come il reddito minimo d’inserimento (oggetto di sperimentazione nel biennio 1999-2000) all'impatto della riforma del Titolo V, dalla mancata emanazione da parte di tutte le Regioni di leggi regionali di riordino del sistema integrato dei servizi sociali alla questione dei finanziamenti.
In occasione dei 15 anni dall'emanazione della legge 328, ho ritenuto opportuno promuovere due incontri per rilanciare il dibattito su questi temi e sulle prospettive future del nostro sistema di welfare. Nel primo incontro, previsto per lunedì 14 settembre alle ore 15.00, presso la Sala del Refettorio della Biblioteca della Camera dei Deputati (Via del Seminario, n. 76) verranno posti al centro del dibattito i modelli di gestione associata dei servizi sociali che si sono affermati, a partire dalla legge 328 e dal suo recepimento, in diverse Regioni d’Italia. Sebbene i pareri sulla portata della legge 328 risultino difformi – alcuni ponendo l’accento su determinate carenze strutturali della legge stessa, altri individuando le problematiche principali nella mancata o difforme attuazione di parte cospicua del dettato normativo –, pressoché unanime è il giudizio positivo sull'introduzione dei Piani di zona. Questi ultimi hanno senza dubbio innovato le modalità di programmazione e organizzazione a livello locale dei servizi, dando luogo, per la prima volta (attraverso la costituzione degli “ambiti ottimali” prevista dalla legge) alla gestione associata da parte dei Comuni per la pianificazione dei servizi sociali, superando quella tradizionale autonomia foriera di servizi sociali fragili, specie nella realtà di piccole dimensioni. La programmazione zonale è stata, tuttavia, oggetto di un’elevata differenziazione tra le Regioni nella tempistica con cui è stata attivata, nei modelli gestionali e di governance adottati, nella mancanza di un sostegno a quelle più deboli, nell'impossibilità di beneficiare del confronto sulle rispettive esperienze. Così, se in alcune Regioni sono stati avviati processi di riforma importanti, che hanno ridisegnato il sistema della programmazione territoriale, attraverso la costituzione dei Consorzi o delle Asp, come i nuovi strumenti di governo territoriale e di governance, in altre Regioni – dove gli ambiti ottimali non sono costituiti in soggetti con autonoma personalità giuridica – si sono affermate forme di organizzazione intercomunali che demandano la gestione della pianificazione zonale ad un Comune, cosiddetto “capofila”, che spesso esercita tale funzione in via transitoria. Queste ultime forme di organizzazione scontano un’evidente debolezza, specie per l’impossibilità di usufruire in maniera stabile delle professionalità necessarie a svolgere una corretta, puntuale ed efficiente programmazione, che si tramuta spesso nel rischio di una perdita di risorse, specie quando di derivazione europea.
Obiettivo del primo incontro legato ai 15 anni della legge 328 è, dunque, proprio quello di mettere a confronto, con il contributo di esperti e operatori del settore, diverse esperienze di gestione associata dei servizi sociali presenti nelle nostre Regioni sul profilo tecnico e interrogando la politica, evidenziando le buone pratiche, gli interventi innovativi e i nodi problematici irrisolti, anche alla luce degli ultimi interventi normativi in materia. Un incontro per comprendere la strada fatta sinora e quella da intraprendere per potenziare e rendere più efficiente il nostro sistema di welfare affinché si avvicini sempre di più a quello di derivazione europea.