Vaccini, piccolo vademecum contro la disinformazione

Mercoledì 24 Maggio 2017 4271

1) I vaccini sono sicuri: sono i prodotti biologici più controllati. Nel raro caso in cui si verifichi un effetto collaterale grave, questo viene immediatamente riportato e investigato.
I benefici dei vaccini superano di gran lunga i rischi (basti pensare che le complicanze descritte per quanto riguarda il vaccino per il morbillo sono 2 per 1.000.000 mentre, se si contrae la malattia, sono 2 ogni 1.000 vaccinati).

2) 12 vaccini non sono troppi e non ci si vaccina troppo presto: il nostro sistema immunitario è in grado di riconoscere e combattere ogni giorno milioni di sostanze diverse (antigeni). Ad esempio, il batterio della pertosse possiede 3000 sostanze che funzionano da antigeni e che dunque stimolano il sistema immunitario, mentre il vaccino per la pertosse ne possiede solo 3. Rispetto al passato si fanno molti più vaccini ma quello che conta è il numero di antigeni che essi contengono, vale a dire, appunto, le “sostanze” che il sistema immunitario riconosce e che gli permettono di sviluppare poi l’immunità.
Oggi, con la somministrazione dei vaccini per Difterite, Tetano, Pertosse, Polio, Hbv, Morbillo-Parotite-Rosolia, Varicella, Pneumococco 13-valente, Hemophilus b, Rotavirus e Meningococco si somministrano solo 148 antigeni a differenza dei più di 3000 degli anni ’80 quando i vaccini somministrati erano solo quelli per la Polio, Difterite, Tetano e Pertosse.
Sulla tempistica, a due mesi il sistema immunitario del bambino è già in grado di rispondere alla vaccinazione, ritardare l’inizio del ciclo vaccinale significherebbe prolungare il periodo in cui non è protetto contro alcune malattie che possono essere gravi e che sono frequenti nei primi mesi di vita. Le vaccinazioni sono sicure già a due mesi: aspettare aumenterebbe solo i rischi. Possiamo dunque affermare che vacciniamo al momento giusto e, grazie ai progressi in campo farmaceutico e medico, contro un maggior numero di patogeni, andando anche a stimolare meno il sistema immunitario.

3) Negli altri Paesi europei le prassi sull'obbligatorietà sono differenti, ci sono meno vaccini obbligatori. Innanzitutto, ribadendo la sicurezza dei vaccini, la polemica sulla quantità della vaccinazioni obbligatorie non ha senso. Il fulcro della questione sta infatti nella copertura vaccinale, che nella maggior parte dei paesi europei rientra nei livelli necessari ad ottenere la c.d. “immunità di gregge”. L’asticella oltre la quale la protezione funziona è fissata al 95%. Ma in Italia, almeno da un paio d’anni, questa soglia non viene raggiunta.
Per la difterite, nel 2015 solo 5 regioni su 20 presentavano risultati in linea con gli obiettivi nazionali. Si tratta di Basilicata, Calabria, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Nelle stesse, con l’aggiunta del Piemonte, si supera quota 95 per la vaccinazione contro la poliomelite, altra grave patologia eradicata da decenni in Italia. Ma la media nazionale, in questo caso, non va oltre il 93,5%. Se guardiamo invece al morbillo, la situazione è ancora peggiore. Nel 2015 solo l’83,87% dei bambini sotto i 24 mesi è stato sottoposto a vaccinazione: il nostro Paese è la maglia nera d’Europa, con il 22% dei casi di tutta l’Unione.
L’obbligatorietà della vaccinazione rappresenta la strada più veloce ed efficace per far risalire le coperture, posto il clima di terrorismo pseudo-scientifico che ha ingenerato questa situazione.